Smarrirsi
Ogni epoca storica ha le sue difficoltà, basta scorrere indietro di qualche decennio che i bisogni e le modalità di stare in relazioni cambiano radicalmente.
Se pensiamo ai nostri nonni, l’unità familiare era tutto. Per mantenere la famiglia solida si era disposti a tutto, talvolta anche a discapito della felicità personale. Il tasso di separazioni era bassissimo, ma questo non rappresentava strettamente un indicatore della felicità familiare o coniugale. Per i più fortunati è stato il risultato di una resilienza sviluppata negli anni più bui del secolo scorso, per altri la capacità di soffocare e reprimere la sofferenza per il bene della famiglia.
Se ci spostiamo al decennio dei nostri genitori, la situazione cambia radicalmente insieme alle grandi rivoluzioni del panorama sociale e politico degli anni ‘70. All’oppressione e alla costrizione, si sceglie per sé stessi per la propria libertà e, ancor più spesso, “contro l’altro” per non essere “come l’altro”, usando tutta quella rabbia per tagliare di netto le proprie radici per identificarsi in qualcosa di nuovo e rivoluzionario.
Se approdiamo all’essere famiglia e genitori oggi l’impresa non è meno ardua. Portiamo nella nostra storia il retaggio di una grande dicotomia sociale che ci ha portato a chiederci se fosse meglio dovercela cavare da soli e senza aiuto oppure rimanere ingabbiati e sentirsi le ali tarpate dalle nostre famiglie.
Nel primo caso abbiamo soffocato uno dei bisogni primordiali di accudimento, nel secondo quello di differenziazione! Il risultato? una gran confusione!

Usare la bussola per esplorare e ritrovarsi:
Tuttavia oggi abbiamo a nostra disposizione uno strumento fondamentale: maggiore consapevolezza del nostro mondo interiore. Possiamo dirci che “è ok non essere ok” e che possiamo prendercene cura, per far sì che il cambiamento avvenga dall’interno prima e all’esterno poi.
Abbiamo scoperto che chiedere aiuto non significa essere debole, ma avere coraggio di credere nel nostro cambiamento ed essere disposti a lottare affinché questo avvenga.
Ma da dove partire? Chiedere aiuto ad uno specialista può essere il passo decisivo per innescare il cambiamento. Perché ci sentiamo sbagliati, inadatti a compiere scelte più ardue, abbiamo bisogno di essere riparati o addirittura sostituiti.
E allora cominciamo con i programmi di coaching, e cerchiamo strumenti di risoluzione problemi, per togliere l’elemento difettoso che genera sofferenza senza tuttavia comprendere effettivamente l’utilità di quel dolore.
Tuttavia, limitandoci all’estinzione del sintomo, abbiamo davanti due possibili scenari: Nel primo caso, riusciamo a debellare il sintomo ma quest’ultimo, presto o tardi tornerà in nuove forme, forse più aggressive; nel secondo il cambiamento richiesto diventa così drastico e costrittivo che, come una dieta troppo ferrea, prima o poi viene abbandonata per tornare alle vecchie e conosciute abitudini che, pur non rendendo felici, alla fine permettono di sopravvivere.
La strada da seguire non è quindi quella del cambiamento, standardizzato e correttivo, ma quella della trasformazione. Render nuovo il vecchio attraverso una cornice di senso che fornisca nuovi significati alla storia e vi permetta di vivere il presente non più come semplice conseguenza al dolore vissuto ma come risultato di una resilienza appresa.
È questo ciò che voglio fare qui oggi con voi: attraverso la cornice familiare, leggere e significare i blocchi del passato affinché non influenzino il futuro e vi permettano di vivere il presente.
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